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L’ISTRUTTORIA di P. Weiss

Produzione – LA BILANCIA

“Passaggi Segreti” Edizione XVIII

Roma – Parco Museo Ferroviario della Stazione di Porta San Paolo

27 Gennaio – 15 Febbraio 2015

in collaborazione con l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico

 

L’ISTRUTTORIA

di Peter Weiss

un progetto di Massimo e Roberto Marafante

S M 51

 

Attori

Francesco Acquaroli

Alessio Caruso

Federica De Benedittis

Serena De Siena

Martino Duane

Pia Engleberth

Barbara Esposito

Flavio Francucci

Alberto Melone

Paolo Minnielli

 

Costumi e ambientazione Massimo Marafante

Assistente costumi e ambientazione Barbara Carrera

Disegno luci Stefano Valentini

Organizzazione generale Stefano Marafante e Alberto Cassarino

Regia e versione scenica: Roberto Marafante

 S M 354

APPUNTI DI REGIA

Nel 2015 ricorrono i 70 anni dallo smantellamento dei Lager che furono la tragica e macabra espressione del nazismo. Nel 2015 ricorre il 50° anniversario della conclusione del processo di Francoforte (20 dicembre 1963 – 20 Agosto 1965) contro un gruppo di SS funzionari del Lager di Auschwitz. Al processo assistette il drammaturgo Peter Weiss.

Dai racconti dei testimoni e degli imputati di crimini inconcepibili, di tentativi di giustificare tali orrori come semplice conseguenza di ordini e doveri, Weiss trasse “L’Istruttoria – oratorio in 11 canti”.

Una materia dolorosa e incandescente che si trasforma in un impianto drammaturgico asciutto, teso, immediato, senza moralismi o patetica emotività che lascia risuonare quelle parole dette nell’aula di un tribunale in versi liberi, fatti anche di una sola sillaba.

La testimonianza di un viaggio all’Inferno che inizia con l’arrivo di un treno e finisce in un forno crematorio. Come ci avverte l’autore, lo spettacolo non deve svolgersi in un tribunale, ma in uno spazio “non teatrale”che abbiamo individuato nel “Parco del Museo dei Trasporti” all’interno e all’esterno di tram d’epoca.

Il pubblico non deve sentirsi protetto dalla distanza del palcoscenico, ma partecipa e viene coinvolto dalle strazianti testimonianze dei carnefici e delle vittime.

La rappresentazione non vuole suscitare pietà, ma emozione profonda e sdegno morale ricordandoci che l’ “Olocausto” continua ancora oggi, sotto varie forme, ma con lo stesso obiettivo: annientare culture e generi dell’umanità considerati “diversi”.

“Olocausto”significa “Sacrificio Totale”, cioè l’annientamento della vittima sull’altare attraverso il fuoco, come i corpi dei deportati nei forni crematori.

 S M 386

RASSEGNA STAMPA

Eliminata la quarta parete, gli spettatori diventano l’esercito attivo di uno spettacolo che, con una recitazione quasi straniata e una regia controllata, non forza l’emozione, la crea. Gli oggetti, l’aria umida, i vagoni, il coinvolgimento diretto cui lo spettatore è sottoposto, sono tutti elementi che spingono a pensare, non a partecipare del coinvolgimento emotivo dell’attore.

Olimpia Sales – Saltinaria.it – 1 Febbraio 2015

Marafante, in linea con la visione teatrale di Weiss, rompe il muro del palcoscenico e trasporta il pubblico sul set della tragedia. All’ingresso ogni spettatore riceve un cartellino di colore diverso, ciascuno ha una destinazione diversa dall’altro, così come in origine accadeva ad ogni famiglia ebrea, che veniva separata già alla partenza. La scena si apre, sulle note di The Wall dei Pink Floyd, sulla ghiaia della banchina di una vecchia stazione ferroviaria, con il freddo pungente di una notte di gennaio e il latrato dei cani in sottofondo.L’Espresso- Manuela Caserta – 27 gennaio 2015

Si tratta di un piccolo gioiello incastonato tra i muri della ferrovia Roma-Ostia che custodisce i vecchi rotabili: locomotori, tram, carri, merci e un archivio che racconta la storia della ferrovia inaugurata da Mussolini nel 1924. Ed è su alcune di queste vetture che gli spettatori vengono “deportati” dopo essere stati separati, all’ingresso, dai propri accompagnatori. Un’azione che può sembrare didascalica, ma che invece lascia sgomenti. Quanto il salire su un vagone insieme ad estranei e divenire parte di un racconto che gli attori portano avanti a pochi centimetri di distanza. Luci, suoni, musiche sono efficaci, ma è la prossimità con i fatti la chiave di questa esperienza, che tutti dovrebbero fare.

Teatroteatro.it – Donatella Codonesu – 30/1/2015

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